Dare un’anima al futuro

 14,50 IVA inclusa

ceragioli_0001Note per un umanesimo tecnologico.

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Descrizione

L’anima della vita

Avere una gran voglia di vivere, perché se ne capisce l’unicità e l’essenzialità del dono, e sapere contemporaneamente sacrificare minuti, giorni, ore, anni di vita per partecipare a questo dono a chi rischia di vederselo sfuggire troppo rapidamente fra le mani: ecco la comprensione più profonda e l’amore più grande. Lavorare per vivere una vita intensa e gioiosa, se questo lavorare è l’espressione della sintesi precedente di vita e amore.
Ogni tanto si avverte la bellezza del non essere schiavi di una moda, del poter vivere senza l’aereo privato, della libertà delle cose, sapendo che se ne abbiamo bisogno possiamo averle, ma sapendo anche che ci sono molte utopie più importanti delle cose, più interessanti, più belle: l’amore, la ricerca della verità, la scoperta, la capacità di pensare.
Le nuove tecnologie possono aiutare in questa direzione, proprio perché possono aiutare ad essere più tranquilli sul piano materiale, facilitando il capire che la nostra felicità e realizzazione non dipendono tanto dalle cose che si possono avere, ma da un equilibrio spirituale che ha radici ben diverse.

Reviews

  1. Antonio Rocco LABANCA

    Voglio, in questo momento, proporre alcuni brani di un articolo di Giorgio Ceragioli, pubblicato nel febbraio 1982 su “Progetto”, dal titolo “La terra è di tutti”. Spero possa offrirci qualche spunto di riflessione. Questo articolo non è stato ripubblicato finora nei vari libri dove sono raccolti articoli di Giorgio.
    Massimo Foti
    Caltagirone, 27 febbraio 2023

    La terra è di tutti
    di Giorgio Ceragioli

    È questa la nuova realtà.
    Il mondo è diventato piccolo, la gente cerca di migliorare la propria condizione.
    Le razze si mescolano. E nascono anche i problemi. (…)
    La terra di arrivo allora per tanti diventa un paradiso perduto.
    Per altri è un paradiso ritrovato.
    Per raggiungerlo non pochi muoiono sulle barche nel mare in tempesta, dopo aver pagato molto denaro per un passaggio.
    Altri affrontano il pericolo di essere rimandati indietro, a tentare un’altra volta. (…)
    Altri accettano condizioni di vita difficili, spesso tragiche, pur di trovare lavoro. È quello che succede spesso se non si è protetti da un contratto governativo, o, peggio, se si è caduti in mano delle centinaia di mediatori di mano d’opera senza scrupoli, che più d’una volta si fanno pagare e poi si volatilizzano, come si è volatilizzato l’inesistente lavoro.
    Eppure, Florida, California, Arabia, Europa, Italia sono il paradiso per molti, anche se c’è violenza, crimini, droga, pericoli gravi, ma sempre meno gravi per chi ha la sola prospettiva di una vita fatta certamente di miseria, di denutrizione, a volte di una morte prematura per fame o malattia.
    Paradisi perduti o paradisi trovati?
    È la terra, tutta intiera che rischia di diventare un paradiso perduto per tutti, anche se potrebbe essere un paradiso trovato per tutti; e, d’altronde, anche se lo si volesse, non si può più pensare a «paradisi particolari», a «enclave» per i fortunati, con fuori i poveri a guardare.
    Essi vogliono entrare perché hanno capito che è loro diritto, che la terra è stata data a tutta l’umanità e non solo a una parte, che le possibilità di vivere devono essere condivise.
    Oggi entrano come clandestini, patendo e soffrendo: domani se non si capisce la nuova grande realtà del mondo e se non la si trasforma in una nuova grande solidarietà, la rabbia potrebbe diventare odio e violenza e il rischio di perdere la terra si farebbe ancor più vicino.

    Da “Progetto”, n. 2/Febbraio 1982

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