Lo sgabello di Omero

 27,00 IVA inclusa

Guida archeologica all’Odissea

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Descrizione

Si può ancora scrivere qualcosa di nuovo sull’Odissea e sul suo Autore?

Vittorio Pascuzzi ci riesce con questo libro, “Lo sgabello di Omero”, in quanto i suoi studi si fondano sulle più recenti scoperte archeologiche che interessano l’intero bacino del Mediterraneo: è da queste che possono essere tratte le informazioni che i traduttori e i commentatori del passato hanno spesso dovuto considerare “eccezioni” rispetto alla storicità del testo, definendole mitologia, licenza poetica, fantasia. Laddove a noi moderni mancavano elementi di verifica e di conoscenza delle consuetudini delle popolazioni achee, elladiche ed elleniche, i reperti degli scavi a Micene e in altri siti, gli incroci di dati e di eventi (che le tecnologie più recenti consentono con maggiore facilità) hanno offerto a Vittorio Pascuzzi l’opportunità di “rileggere” l’intera opera omerica con uno sguardo etno-tecnologico.

In tal modo, è possibile oggi riconoscere con maggiore precisione elementi della vita quotidiana o delle attività belliche citate nei viaggi di Odisseo, di ricostruire gli ambienti abitati dalle famiglie e dai loro schiavi, di rilevare l’esistenza di utensili oggi superati, di confrontare le disponibilità di cibo sulla tavola dei re o l’afflusso di materiali speciali nei cortili degli artigiani. Come la scoperta dei resti di Troia da parte di Heinrich Schliemann (nel 1871) aprì una nuova comprensione dell’Iliade, così le risultanze archeologiche raccolte da Vittorio Pascuzzi consentono di divulgare una lettura più vicina alla verità fattuale del capolavoro di Omero.

Possiamo affermare che con “Lo sgabello..:” (l’oggetto d’uso da parte dei poeti e cantori che si accomodavano per raccontare le storie tramandate dalla loro memoria) abbia inizio una nuova modalità di approccio con la letteratura e con le stesse vicende storiche della più antica civiltà sorta a nord del Mediterraneo: quella che utilizza la globalità degli strumenti della conoscenza degli ambienti geo-culturali e del raffronto fra le tradizioni verbali alla luce dell’oggettività dei riscontri materiali. È la “storia 2.0”, come potremo definirla prendendo in prestito il linguaggio dell’informatica.

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